351 599 6499 | Eugénie Dott.ssa Alderisio studio@alderisio.it

Tra gli animali più evocativi dei quali abbiamo conoscenza,

Il cavallo è certamente quello che maggiormente è in grado di commemorare sentimenti e/o suggestioni in ognuno di noi.

Richiama alla mente visioni storiche di potenza, di lotte, dove l’immensa figura dell’animale appare rappresentata in tutta la sua autorevolezza fisica, spesso svetta verso l’alto, al comando serrato di un impavido cavaliere.

Decidiamo se avvicinarci, se toccarlo, se cavalcarlo, di converso lo ammiriamo a distanza, senza contatto, senza coinvolgimento mossi da paure varie, fobie più o meno concretizzate in noi.

Ma cosa si cela dietro questo splendido animale? Quali sono le rappresentazioni che nella nostra mente si formano? Cosa muove nell’inconscio?

Ricca di simbologia, questa figura mitologica racchiude in sé plurime accezioni.

Il cavallo se per Freud rappresentava la libertà, ad esempio per Jung rappresentava la relazione con il materno, con il femminile. Per la sua grande fisicità e bellezza, è manifestazione di forza, di energia, di vita la quale racchiude in sé il concetto di morte, e dove, nell’ottica Freudiana, è inevitabile il rapporto con la sessualità, fondamentale rappresentazione di quell’insieme Eros-Thanatos del quale tanto parla la psicanalisi.

Se quindi il cavalcare rappresenta una delle espressioni di vita, ci riporta al concetto di morte e conseguentemente di sessualità.

Molte sono le similitudini tra il cavalcare e l’atto erotico, in una prospettiva analitica.

A partire dal termine “montare”, l’atto sessuale può essere la rappresentazione fisica di una cavalcata e viceversa. L’idea del cavaliere è il possedere tenendo e gestendo il cavallo, sottomettendolo, portandolo ad espressione del proprio potere. Dietro una cavalcata c’è quel desiderio di comando e di libertà ricercato consciamente ma al contempo, qualcosa di più profondo e inconscio viene messo in essere. Esso è il desiderio del dominio che il cavaliere esercita sul cavallo, che l’uomo esercita sulla donna durante l’atto erotico.

Il senso di unione che lega in maniera simbiotica il cavallo al cavaliere permette a quest’ultimo di beneficiare della prestanza fisica dell’animale divenuto una sua estensione fallica di energia, virilità e carica erotica.

La cavalcata è il mezzo attraverso il quale il cavaliere si permette di provare quella potenza che per timore, egli stesso si nega e della quale, non è errato supporre, possa non aver coscienza. Il cavallo diviene il mezzo unico possibile alla realizzazione di uno Io potente e forte in grado di cavalcare la vita, la femmina.

È il mezzo espressivo di una latente impotenza mentale di un Io sempre castrato al quale è stata negata una sua vitale espressione.

Il cavallo permette l’azione di energia, di essere sollevati da terra materialmente ed analiticamente sollevati dalle nostre paure e di sentirci grandi e potenti laddove altri, o noi stessi, ci hanno fatto sentire fragili e piccoli.

L’atto del possesso che ritroviamo nell’esperienza equestre, può essere il desiderio di una passionalità negata che trova sfogo con lo sport. Il meccanismo difensivo che sta alla base, la sublimazione, ci permette di non affrontare il problema di per sé. Lo spostamento della pulsione sessuale su qualcosa di più plausibile e condivisibile rende possibile l’accettazione del disagio in quanto non permette che questo affiori nella sua forma più tormentosa ma colorato da altro diverso da sé, trova il suo sfogo, non che la sua accettazione.